Con stanziamenti dell’ordine dello 0,1% del Pil sarebbe possibile realizzare un monitoraggio Ict-based delle infrastrutture per una “manutenzione predittiva” mirata. L’analisi di Fulvio Ananasso.

Si assiste sempre più frequentemente nelle nostre infrastrutture – viarie e non – a evidenze di deterioramenti, distacchi di calcinacci e pezzi di strutture fino a crolli dai risvolti tragici come il viadotto Morandi di Genova. Non vorremmo dovercene occupare solo sull’onda dell’emozione per simili tragedie, né che si abbassi l’attenzione nel tempo – fino alla prossima tragedia – sulla circostanza ormai acclarata che la vita utile dei ponti in calcestruzzo sia limitata a 50÷70 anni, sia per il deterioramento dei materiali che per le condizioni di utilizzo molto più gravose di quelle stimate in fase di progettazione. D’altro canto, i costi e la sicurezza delle infrastrutture civili giocano un ruolo cruciale per lo sviluppo socioeconomico di un Paese, richiedendone un monitoraggio continuo per poter intervenire con tempestività laddove richiesto. E’ essenziale che il mondo delle costruzioni si adegui ai canoni dell’ingegneria della manutenzione Ict-based (information & communication technology), accelerando la transizione dalla cultura del (solo) progetto a quella della manutenzione e gestione.

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