di Giulio Coraggio

In un contesto dove le strutture ospedaliere non sono in grado di accogliere il numero sempre crescente di malati da coronavirus e le aziende devono comprendere come gestire l’emergenza e pianificare il futuro, non c’è dubbio che tecnologie come l’intelligenza artificiale potrebbero dare un aiuto straordinario.

Ora che l’Italia è spalle al muro e molti si interrogano di cosa sarà del nostro paese dopo il Coronavirus, la tecnologia è purtroppo vista ancora con diffidenza. Tanti italiani (anche di mezza età) hanno sperato che la rivoluzione digitale arrivasse non troppo presto per consentirgli di andare in pensione e proteggono i loro figli dai dispositivi elettronici che sono visti come strumenti di alienazione, piuttosto che di istruzione in un anno dove rischiano di perdere vari mesi di scuola.

Ma vediamo quali sono alcuni dei problemi dell’emergenza da Covid-19 e come la tecnologia potrebbe aiutare la nostra società e le nostre aziende a gestirli e pianificare il futuro.

C’è la mancanza di un numero adeguato di medici e strutture ospedaliere per diagnosticare le patologie e curare i pazienti perché le strutture sono al collasso e non è possibile spostare agevolmente i medici da un ospedale all’altro, o addirittura da un paese all’altro, perché richiederebbe tempo e aumenterebbe il rischio di contagi.

I pazienti sono preoccupati dal rischio di infezione recandosi in ospedale e quindi potrebbero ricevere diagnosi tardive, oppure si recano in ospedale alle prime linee di febbre, peggiorando ulteriormente una situazione già estremamente difficile.

Allo stesso modo, abbiamo aziende che devono sospendere l’attività o continuare ad operare con una forza lavoro ridotta o con notevoli limitazioni operative, con l’esigenza di eseguire controlli sui lavoratori che se limitati alla semplice verifica della temperatura corporea potrebbero non evitare del tutto il rischio di contagio e di contaminazione dei prodotti, e con una quantità elevata di dipendenti in smart working che è una soluzione efficiente se eseguita saltuariamente, mentre in questo caso potrebbe protrarsi a lungo.

Le stesse aziende non sanno come gestire i rapporti con i propri fornitori che potrebbero non avere ritardi di produzione perché si trovano in altri paesi dove la diffusione del virus non ha raggiunto livelli di allerta e quindi chiedono di essere pagati, mentre i clienti italiani delle medesime aziende potrebbero cercare di ritardare le consegne (e quindi i pagamenti) poiché hanno dovuto sospendere l’attività a cause dei decreti Covid-19 o nel caso di clienti consumatori non possono comprare i prodotti perché l’operatività delle aziende è stata sospesa. 

L’intelligenza artificiale è in grado di supportare tutte queste problematiche.

Esistono già dei sistemi di intelligenza artificiale che consentono una diagnosi a distanza della presenza di infezioni da coronavirus con un livello molto elevato di accuratezza. Questo eviterebbe di dover gestire un numero elevato di tamponi con risultati negativi, indicando sia a chi ha un esito negativo che a coloro che hanno un esito positivo ma non sono in gravi condizioni, cosa fare tramite strumenti di telemedicina basati sulle tecnologie dell’Internet of Things, che grazie alle connessioni 5G diventeranno sempre più efficienti e consentiranno l’esecuzione agevole di servizi di assistenza medica a distanza.

Le stesse tecnologie permettono in modo poco invasivo di comprendere lo stato di salute dei dipendenti che necessariamente devono recarsi sul luogo di lavoro perché ad esempio sono coinvolti nella linea di produzione. E la recente intesa tra il Governo e le parti sociali sulla sicurezza sul luogo di lavoro per il contrasto e il contenimento del Coronavirus aiuta a risolvere alcune problematiche in materia di privacy che rimangono comunque uno dei principali problemi legali della gestione dell’emergenza da Covid-19.

La tecnologia sta supportando anche chi lavora in modalità di smart working tramite sistemi di “remote collaboration” che stanno rendendo il lavoro a distanza il più possibile vicino ad una situazione “normale”. Gli stessi strumenti sono in grado di verificare eventuali comportamenti scorretti di dipendenti in casi di sospetto di condotte a danno degli interessi della società o illeciti che potrebbero derivare da dipendenti che si sottraggono all’attività lavorativa o che peggio usano lo smart working come strumento per sottrarre informazioni e dati aziendali.

Ma l’intelligenza artificiale può anche sostituire temporaneamente ad esempio i dipendenti di un call center che sono impossibilitati a lavorare, tramite chatbot che hanno raggiunto un livello di sofisticazione molto vicino alla qualità di un vero operatore.

Bisogna però pensare anche al futuro delle aziende. L’AI ha un ruolo fondamentale nell’analisi dei contratti con le proprie controparti, essendo capace di revisionare grandi quantità di contratti in poco tempo, identificare ad esempio le clausole relative alla disciplina degli eventi di forza maggiore e – alla luce dell’emergenza da Covid-19 – valutare le possibili responsabilità e ad esempio se sia possibile risolvere i contratti o ritardare le consegne, evitando rischi di contenziosi legali che andrebbero solo a peggiorare uno scenario già di difficile gestione.

Tutte queste opportunità non sono legate alle tecnologie del futuro, ma alle tecnologie del presente che sono già esistenti e a costi non eccessivi. Il limite alla loro adozione è solo culturale. Forse il coronavirus farà così paura agli italiani da “costringerci” alla rivoluzione digitale?